Le criptovalute andrebbero studiate nelle scuole?

Mentre Bitcoin continua a dividere i suoi sostenitori e i suoi critici, la mania per le criptovalute si è spostata dal mondo degli affari alle aule universitarie, tanto che i corsi sulla blockchain sono sempre più numerosi. Ma sarebbe giusto insegnare la criptovaluta nelle scuole superiori? Leggi tutto “Le criptovalute andrebbero studiate nelle scuole?”

Criptovalute: siamo sicuri che siano un business sostenibile?

Il boom delle criptovalute ha avuto – tra i suoi principali effetti – quello di trasformare un progetto apparentemente “equo” in un business ipercapitalista e in un potenziale disastro ambientale, considerato lo straordinario consumo di energia necessario per reggere l’ecosistema criptovalutario. Ma è possibile adottare una soluzione “più green”? In altri termini, il futuro potrebbe offrire un business sostenibile delle criptovalute?

Criptovalute, un asset che non sembra destinato a morire

Anche se il clamore mediatico che circonda le criptovalute (principalmente il Bitcoin) non è allo stesso livello che abbiamo potuto vedere alla fine del 2017 e all’inizio del 2018, le attività di acquisto, di vendita e di mining stanno ancora progredendo a un ritmo davvero molto dinamico.

Tuttavia, le valutazioni sul comparto sono notevolmente mutate: a 10 anni di distanza dal lancio di Bitcoin, la visione di una valuta online libera dal controllo governativo e istituzionale sembra essere parzialmente minata e, soprattutto, sembra fare i conti in misura crescente con la consapevolezza che le tecnologie blockchain su cui si basano le criptovalute non si costruiscono e si reggono dal nulla.

Per generare le criptovalute, infatti, gli utenti sono coinvolti in attività di mining, che implicano il trasferimento del potere di elaborazione di un computer sulla blockchain al fine di risolvere trilioni di complesse equazioni matematiche. Questa opportunità ha influenzato molti possessori di PC, desiderosi di poter avere a disposizione l’ultimo potente hardware per eseguire tali calcoli e ottenere delle ricompense criptovalutarie, con ciò che ne deriva sul fronte ambientale.

Statistiche preoccupanti sul business criptovalutario

Questa incredibile mole di hardware richiede una altrettanto incredibile quantità di energia, e i suoi effetti a lungo termine potrebbero rivelarsi disastrosi.

Recenti ricerche hanno dimostrato che entro la fine di quest’anno le attività di mining di bitcoin potrebbe consumare più elettricità dell’Irlanda. In numeri, questo dimostra che Bitcoin consuma circa 2,55 gigawatt (GW) di elettricità, che potrebbe però crescere fino a 7,67 GW se la previsione dovesse rivelarsi accurata.

Ma è possibile creare una criptovaluta sostenibile? È possibile creare un ecosistema che possa mantenere l’interesse verso la valuta decentralizzata, ma non richiede di deteriorare troppo il nostro già stressato Pianeta?

Tra PoW e PoS

Una possibile soluzione esiste già sotto forma di una soluzione di mining chiamata proof of stake (PoS), che mette in discussione il modello esistente di prova di lavoro (PoW) utilizzato da Bitcoin e da altri progetti criptovalutari.

PoS è stato suggerito per la prima volta nel “lontano” 2011. A differenza di PoW, questo nuovo sistema elimina la necessità di un sistema di mining e reward ad alta intensità energetica, sostituendolo invece con un sistema in cui non viene eseguito mining e in cui ogni azione è verificata in modo deterministico a seconda della loro partecipazione.

Adottando questo genere di prova, il processo di estrazione mineraria ad alta intensità energetica dovrebbe gradualmente essere eliminato. E anche se questo sistema non è certo privo di consumi energetici, non si tratta però di attività troppo energivore: equivale infatti alla stessa quantità che andremo a consumare guardando un film in streaming.

Sarà questo il futuro delle criptovalute?

Criptovalute, Tim Draper è certo: sostituiranno le monete tradizionali

Tim Draper lo scorso mese ha fatto una previsione non certo poco sbilanciata: ritiene che Bitcoin raggiungerà quota 250.000 dollari entro il 2022. Già nel 2014 il noto venture capitalist e imprenditore l’aveva sparata grossa, predicendo che Bitcoin sarebbe valso 10.000 in tre anni. Ebbene, la prima previsione è diventata realtà ma… sarà così anche per la seconda?

Criptovalute: sostituiranno le monete tradizionali

“Non volevo fare previsioni dopo quello che è avvenuto perché volevo lasciare che la polvere si depositasse” – ha dichiarato Draper, impegnato a presentare il proprio nuovo libro. Un impegno che evidentemente ha portato il venture capitalist a cambiare idea, considerato che qualche giorno fa l’imprenditore ha affermato di essere convinto che la criptovaluta alla fine sostituirà completamente le valute legali.

In fin dei conti, però, non c’è niente di nuovo. D’altronde, la previsione di Draper che lo portò a ipotizzare BTC oltre 10.000 dollari entro il 2017 era basata sull’idea che Bitcoin sarebbe stato abbastanza facile da usare in futuro e che le persone sarebbero state in grado di iniziare a commerciare con esso e a utilizzarlo come riserva di valore.

Anche oggi Draper ripete di ritenere che le persone saranno in grado di spendere criptovalute come Bitcoin nelle situazioni tradizionali, e che le criptovalute saranno qualcosa che le persone potranno gestire comodamente dal proprio telefono, poiché sostituiranno le carte di credito. Ritiene poi che, in un secondo momento, le criptovalute sostituiranno interamente le valute legali.

BTC a 250 mila dollari entro il 2022

Ad oggi, ricorda Draper, nel mondo ci sono circa 80 trilioni di dollari di moneta tradizionale. Grazie all’espansione delle criptovalute, la circolazione valutaria tradizionale nel prossimo futuro dovrebbe diminuire da 80 trilioni di dollari a 30 trilioni di dollari, poiché sarà sostituita proprio da BTC & co., che spingeranno la crescita degli scambi fino a 100 trilioni di dollari.

“Per quanto riguarda la mia opinione, ci vorranno 10-15 anni per raggiungere tale asintoto, quindi penso che lungo il percorso vedremo Bitcoin a 250.000 dollari entro il 2022” – dichiara Draper.

“Penso che in futuro se comprassimo il caffè con la carta di credito, il barista ci guarderà come se fossimo pazzi. Penso anche che presto saremo in grado di acquistare caffè e altre cose con Bitcoin, Ethereum, Bitcoin Cash o qualsiasi altra criptovaluta sul nostro telefono” – aggiunge ancora il venture capitalist.

Goldman Sachs sta per lanciare una nuova criptovaluta

Presto potreste essere in grado di utilizzare la criptovaluta per pagare qualsiasi cosa, dal caffè agli aperitivi. E potreste farlo con la stessa facilità con cui usate oggi una carta di credito o una carta prepagata. Non solo: il merito potrebbe essere di Goldman Sachs, una istituzione finanziaria super-tradizionale, che guarda con occhi di interesse agli approcci più innovativi. Ma come?

Andando con ordine, ricordiamo come Circle, una startup di proprietà della già citata Goldman Sachs, ha annunciato che sta lanciando una nuova criptovaluta chiamata Circle USD Coin, (TRA POCO TROVERETE LA RECENSIONE DI QUESTA CRIPTOMONETA) con una ghiotta novità: la nuova valuta è fondamentalmente una versione digitale del dollaro, da acquistare usando denaro reale.

Non è questa, comunque, l’unica valutazione di interesse nei confronti di tale nuova creatura, che è la prima criptovaluta ad essere rilasciata da una grande istituzione finanziaria. Oltre, naturalmente, a porsi non tanto come uno strumento di investimento speculativo (cosa che è avvenuta con buona parte delle valute digitali), bensì come un elemento in grado di portare un po’ di stabilità al mercato della criptovaluta, troppo volatile per poter garantire un uso di ampia scala.

Di contro, fin dalle sue dichiarazioni programmatiche, è chiaro che Circle non vuole che la sua moneta in USD sia soggetta all’instabilità e all’inflazione intrinseche ad altre criptovalute non regolamentate, e che proprio per questo motivo legherà il valore della moneta a quello di un dollaro americano, secondo un rapporto paritario.

Anche questo elemento, peraltro, va contro il punto cruciale delle criptovalute, che originariamente erano state progettate per presentare un mercato finanziario trasparente e privo di regolamentazione dal governo e dall’influenza delle grandi banche. E sebbene sia sembrato sempre più probabile che la regolamentazione e l’influenza aziendale giochino un ruolo più importante nello spazio criptovalutario, alcuni, incluso l’investitore della Silicon Valley Sam Altman, credono fermamente che qualsiasi criptovaluta basata su USD debba rimanere sotto una generale supervisione.

Ancora, mentre le principali criptovalute possono essere estratte nel momento in cui gli utenti prestano una parte della loro potenza di elaborazione per aiutare a mantenere il registro aggiornato di tutte le transazioni in essere, pare che l’unico modo per acquisire una nuova moneta digitale di Circle (che opererà sulla piattaforma Ethereum) sia quella di acquistarli con i più tradizionali dollari, nel già rammentato rapporto di 1:1.

Bloomberg lancia indice per le criptovalute

In un clima di crescente interesse per i mercati criptovalutari, Bloomberg, leader mondiale tra i fornitori di dati di mercato e servizi di indicizzazione, ha scelto di lanciare il suo Bloomberg Galaxy Crypto Index (BGCI), progettato – si legge nel suo sito internet – “per monitorare le prestazioni della porzione più grande e più liquida del mercato delle criptovalute”.

BGCI, il primo indice sugli asset crittografici

Il BGCI è un indice ponderato in base alla capitalizzazione di mercato. Ne deriva, pertanto, che le criptovalute che hanno un market cap più elevato avranno altresì un peso maggiore all’interno dell’indice. BGCI consisterà in un massimo di 12 criptovalute negoziate in dollari USA, ma al momento del lancio ne disporrà di 10, con conseguente potenziale ingresso per altri 2 asset.

Ribilanciato e ricostituito mensilmente, ogni asset potrà disporre di un peso relativo compreso tra il 30% e un minimo dell’1%. Nel caso in cui una criptovaluta subisca un hard fork in grado di condurre alla nascita di una nuova criptovaluta, le regole sopra menzionate si applicheranno per ogni nuova voce qualificante nell’indice alla criptovaluta madre e alla nuova creata.

Chi fa parte del BGCI

L’indice ha iniziato con un valore base di 1.000 il 3 maggio 2018. Al momento del lancio, la ponderazione dei 10 elementi criptografici costitutivi era la seguente:

  • Bitcoin – 30,00%
  • Ethereum – 30,00%
  • Ripple – 14.14%
  • Bitcoin Cash – 10.65%
  • EOS – 6,11%
  • Litecoin – 3,77%
  • Dash – 1,67%
  • Monero – 1,66%
  • Ethereum Classic – 1,00%
  • Zcash – 1,00%

Bloomerg ha poi annunciato che l’indice entrerà a far parte della famiglia di altri indici gestiti da Bloomberg Index Services Limited. Galaxy Digital Capital Management aiuterà comunque nel co-branding.

Sebbene esistano già alcuni altri indici di mercato per le criptovalute, il lancio dell’indice di Bloomberg segna l’ingresso di un attore importante rendendolo di fatto “il primo benchmark di livello istituzionale per il mercato della criptovaluta”. Altri indici meno conosciuti nel comparto sono il Crypto Currency Index 30 (CCi30) , che tiene monitoraggio delle prime 30 criptovalute con la più grande capitalizzazione di mercato ed è ribilanciata mensilmente, e il CRypto IndeX (CRIX) che include 20 elementi costitutivi basati su una metodologia statistica.

Parlando del crescente interesse per le criptovalute, Alan Campbell, global product manager per Bloomberg Indices, ha dichiarato che “l’indice fornirà agli investitori un benchmark trasparente per valutare le prestazioni del mercato”. Michael Novogratz, CEO e fondatore di Galaxy Digital Capital Management, ha dichiarato poi che “l’indice Bloomberg Galaxy Crypto offre trasparenza senza precedenti ai mercati delle criptovalute. Siamo entusiasti di contribuire a far avanzare la rivoluzione decentralizzata attraverso la creazione di BGCI”.